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TRUST INTERPOSTO: SECONDO L’AGENZIA DELLE ENTRATE LE QUOTE DEL DISPONENTE DEFUNTO SONO SOGGETTE A IMPOSTA DI SUCCESSIONE.

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta del 31 gennaio 2023, n. 176, ha chiarito che in caso di decesso del disponente di un trust ritenuto fiscalmente interposto, i beni apportati dal de cuius sono considerati, dal punto di vista tributario, ancora di titolarità del disponente e, conseguentemente, devono essere assoggettati all’imposta di successione.

Tale risposta si pone in profonda revisione rispetto a quella precedentemente fornita dall’amministrazione finanziaria nella risposta a interpello n. 359/2022  ove, nel caso di un trust fiscalmente interposto, i beni contenuti nel patrimonio in trust erano stati considerati come non soggetti all’imposta di successione perché, almeno dal punto di vista prettamente civilistico, appartenenti al trust e non al disponente.

Ora, quindi, l’Agenzia muta radicalmente orientamento, sulla base di quanto affermato dalle Entrate nella circolare n. 34/E del 20 ottobre 2023 ove si legge che «tenuto conto della interposizione del trust tra i beni e i diritti che compongono l’attivo ereditario di cui all’articolo 8 del decreto legislativo n. 346 del 1990 sono inclusi anche quelli formalmente nella titolarità del trust, qualificato come interposto».

Tale ricostruzione dell’amministrazione fiscale risulta invero non condivisibile, posto che l’appartenenza di un bene all’attivo ereditario (il presupposto dell’imposta di donazione) è ricavabile incontrovertibilmente ed unicamente dalle regole civilistiche le quali richiedono, quantomeno, una sentenza dichiarativa di simulazione di trasferimento per far “rientrare” un determinato asset non intestato al de cuius nella di lui eredità. In una situazione di interposizione meramente fiscale (come nel caso del trust interposto), mancano quindi i presupposti civilistici per applicare l’imposta di successione, rendendo questa risposta dell’Agenzia sicuramente molto criticabile.

Sul punto occorrerà attendere quindi le prossime pronunce giurisprudenziali che, molto probabilmente, forniranno soluzioni diametralmente opposte e più adesive alla realtà civilistica, prima ancora che tributaria, dell’istituto.

SLCLEX è sempre disponibile a fornire chiarimenti e delucidazioni sul diritto dei Trusts e sul loro trattamento fiscale.

CDA E RESPONSABILITA’ PER REATI TRIBUTARI

La Cassazione (sent. N.11087/2022) afferma che la responsabilità per reati tributari può essere
estesa, dove non vi siano deleghe, a tutti i membri del Consiglio di amministrazione.


La Suprema Corte ha dichiarato che, in assenza di delega di attribuzioni al comitato esecutivo,
ovvero ad un singolo consigliere, tutti i componenti del CdA rispondono degli illeciti deliberati dal
consiglio anche quando non siano gli autori. Tuttavia, anche in presenza di delega, in capo ai
consiglieri “non operativi” rimane una responsabilità residua derivante dal dovere di informazione
dei componenti del CdA sulla gestione sociale e sulle operazioni significative: i membri del
consiglio sono tenuti a vigilare e, di fronte ad eventuali red flags, a richiedere ulteriori informazioni
e fare quanto possibile per evitare che sia commesso l’atto pregiudizievole.


Pertanto il tema di organizzazione interna dell’azienda, tramite la predisposizione di un sistema di
deleghe, diviene fondamentale per la tutela degli amministratori. Difatti, la Cassazione distingue
l’ipotesi in cui il reato commesso sia materia di specifica delega in capo al singolo amministratore,
o al comitato esecutivo, affermando come in questi casi la responsabilità penale per l’illecito
commesso nasce in capo al singolo soggetto, o gruppo, delegato.

I professionisti di SLCLEX sono a vostra disposizione per ogni necessità relativa a questioni di diritto penale tributario.

Ferrari e la scelta di un trust per la continuità familiare.

Il trust come strumento giuridico ideale per preservare la tradizione familiare di una azienda storica, rispettando le volontà del fondatore e garantendo un ordinato passaggio generazionale.

Esattamente con questa finalità, Piero Ferrari, figlio del fondatore Enzo, nonché secondo azionista (10%) della storica casa automobilistica di Maranello, ha deciso di costituire un trust per gestire la propria partecipazione nella società del cavallino rampante.
Un trust, essenzialmente familiare e destinato a regolare la successione, (così come definito in ultimo dalla circolare 34/E/2022), con legge regolatrice di Jersey e beneficiari designati la figlia del disponente e i due nipoti, di cui uno nominato Trustee.

Il disponente ha quindi trasferito al trust fund la nuda proprietà delle sue azioni (per un valore di mercato approssimativo di 4 miliardi di Euro) con l’espressa disposizione che l’80% dei dividendi prodotti da siffatte azioni saranno a lui riservati, mentre invece il restante 20% verrà attribuito al trust.

Proprio al fine di garantire un passaggio generazionale quanto più possibile ordinato e in linea con il desiderio del fondatore Enzo Ferrari di mantenere parte della società “in famiglia” è stata stabilita l’impossibilità di cedere le quote azionarie anche in caso di contenzioso ereditario.

Ancor di più, se possibile, il trust si dimostra uno strumento adatto alla gestione e preservazione dei patrimoni anche in un’ottica successoria e di passaggio generazionale, con un impatto fiscale iniziale veramente ridotto (si sconterà infatti unicamente l’imposta di registro in misura fissa di €200,00 al momento del conferimento degli asset) nel pieno rispetto della normativa civilistica e tributaria, così come da ultimo enunciato dalla Circolare 34/E/2022 dell’Agenzia delle Entrate.

Il nostro studio è in prima linea per questo tipo di operazioni e pronto ad assistervi per ogni informazione che riteniate necessaria sui trust e sulla ristrutturazione patrimoniale e societaria in genere.

SLCLEX ADVISOR DI GIORDANO CONTROLS NELL’OPERAZIONE STRAORDINARIA CON ORKLI

SLCLEX (in partnership con Belluzzo International partners) con un team formato dal managing partner Andrea Moja, dalla senior associate Chiara Gandini e dall’associate Luca Bisconti ha assistito per gli aspetti legali Bruno Giordano e Nicola Francesco Renoffio quali soci di Giordano Controls, società di ingegneria elettronica, nell’ambito dell’operazione straordinaria che ha portato Orkli, cooperativa spagnola attiva nei mercati della sicurezza termoelettrica, riscaldamento e produzione di acqua calda a salire al 60% del capitale sociale di Giordano Controls.

Gli aspetti fiscali e finanziari dell’operazione sono stati seguiti da Belluzzo International Partners con un team guidato dall’equity partner Ignazio Stefano Barone.  

Orkli è stata assistita da EY con un team coordinato dal partner Christina Busca e dalla manager Erjena Agaraj per gli aspetti legali e dal partner Jose María Rossi Prieto per gli aspetti fiscali e finanziari.

AVV. FENOGLIO NOMINATO DIRETTORE DEL DIPARTIMENTO DI DIRITTO FINANZIARIO E PENALE ECONOMIA – UNIVERSITA’ MEIER

L’avvocato Giacomo Fenoglio, partner di SLCLEX, è stato nominato Direttore del neo costituito Dipartimento di Diritto Finanziario e Penale dell’Economia presso l’Università MEIER.

L’obiettivo del Dipartimento di Diritto Finanziario e Penale dell’Economia, è quello di valorizzare la trasversalità delle conoscenze nel campo del diritto economico, con la creazione di tre specifici blocchi didattici in materia di white collar crimes, restructuring law ed M&A (Mergers and Acquisitions anche in contesti di crisi).

In particolare, verranno analizzati – in chiave altamente specialistica, ma conservando un approccio concreto:

  • i reati finanziari, societari, tributari e fallimentari, con un focus sulla responsabilità penale-amministrativa dell’ente, e con l’indicazione dei presìdi giuridici utili ad evitarla;
  • il nuovo Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza, con l’illustrazione degli adempimenti da effettuare allorquando emergano i segnali di crisi, e l’analisi di tutte le procedure di ristrutturazione utili a far ritornare la società in bonis;
  • le operazioni di finanza straordinaria, quali fusioni, acquisizioni e scissioni, anche con riferimento alle tecniche di valutazione aziendale e all’analisi dei profili fiscali.

In bocca al lupo all’avvocato Fenoglio e a tutti i docenti del dipartimento!

Link al dipartimento > https://www.unimeier.eu/dipartimenti/diritto-finanziario-penale-economia.html

La tassazione dei Trust: Circolare Agenzia delle Entrate N.34/E 2022

Pubblicati finalmente i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate in tema di imposte dirette, indirette, monitoraggio fiscale e recepimento dell’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità.

In linea generale, la versione definitiva del documento di prassi fornisce le istruzioni operative sulla fiscalità del trust alla luce della consolidata giurisprudenza di legittimità e delle modifiche normative introdotte dal Decreto fiscale 2020.

Imposizione Indiretta

L’Agenzia si conforma definitivamente all’orientamento, ormai più che consolidato, della Corte di Cassazione in materia di imposizione indiretta, considerando l’applicazione dell’imposta di donazione e successione imponibile al solo momento dell’attribuzione finale ai beneficiari.
Ai fini fiscali quindi, non risulterà rilevante una generica utilità economica ma si deve valutare l’effettivo aumento di patrimonio del beneficiario.  La nuova Circolare evidenzia con chiarezza inoltre le interpretazioni dell’ADE sia con riguardo sia alla istituzione che alla dotazione (attraverso di atti di disposizione) di beni in Trust, oltre alle rilevanti tematiche riguardanti l’eventuale sostituzione di un trustee e dell’attribuzione dei beni ai beneficiari.
Proprio sotto quest’ultimo profilo l’amministrazione fiscale si conforma all’interpretazione dottrinale e giurisprudenziale che attribuisce rilevanza fondamentale all’attribuzione “stabile” dal trust ai beneficiari.

Inoltre l’amministrazione finanziaria ha stabilizzato la propria posizione in particolare tenendo conto dell’affidamento dei contribuenti che, adeguandosi alla precedente prassi amministrativa, abbiano liquidato e versato imposte al momento della costituzione o del conferimento di beni o diritti al trust.
Con l’introduzione del nuovo concetto di “esaurimento / rapporto esaurito” si riterrà infatti che i predetti versamenti possano essere considerati a titolo definitivo, senza necessità di effettuare ulteriori liquidazioni all’atto di successive attribuzioni a favore del beneficiario, a condizione che le attribuzioni abbiano ad oggetto i) i medesimi beneficiari e; ii) i medesimi beni e diritti.

Imposizione Diretta

Con riferimento alle imposte dirette, l’Agenzia ha fornito numerose istruzioni sulle “attribuzioni” a favore di soggetti residenti in Italia, che provengono da trust stabiliti in giurisdizioni considerate a fiscalità privilegiata. Tra gli aspetti più rilevanti della circolare dell’Agenzia delle Entrate c’è la disciplina delle imposte sui redditi.

Sono due i principali aspetti messi in evidenza nel documento di prassi:

  • l’inclusione tra i redditi di capitale anche dei «redditi corrisposti a residenti italiani da trust e istituti aventi analogo contenuto, stabiliti in Stati e territori che con riferimento ai redditi prodotti dal trust si considerano a fiscalità privilegiata ai sensi dell’articolo 47-bis, anche qualora i percipienti residenti non possano essere considerati beneficiari individuati ai sensi dell’articolo 73»;
  • una presunzione relativa, qualora in relazione alle predette attribuzioni «non sia possibile distinguere tra redditi e patrimonio, l’intero ammontare percepito costituisce reddito».

Quest’ultima presunzione risulterà quindi rilevante per quanto concerne l’imposizione diretta anche nel caso in cui il beneficiario della attribuzione effettuata dal trust opaco estero stabilito in giurisdizioni a fiscalità privilegiata non riceva dal trustee elementi idonei a individuare la parte imponibile della stessa.
Tutto ciò comporterà quindi una netta distinzione tra “patrimonio del trust” costituito dalla dotazione iniziale dello stesso e dagli eventuali trasferimenti in data successiva effettuati dal disponente o terzi a favore del fondo in trust e “reddito di trust” consistente nei proventi conseguiti dal patrimonio in trust, comprensivi di eventuali redditi reinvestiti o capitalizzati.
La determinazione del reddito dovrà avvenire con i criteri adottati dalla normativa fiscale italiana. Tali somme costituiranno quindi reddito di capitale per il beneficiario residente in Italia, sempre a condizione di riuscire (attraverso apposita documentazione contabile prodotta dal trustee) ad operare la distinzione di cui sopra.

Monitoraggio Fiscale

La circolare termina con alcuni spunti anche relativi al monitoraggio fiscale.
Nello specifico vengono fornite indicazioni per i beneficiari di trust opachi esteri in qualità di titolari effettivi riportando che:

“I beneficiari di trust discrezionali, sulla base delle informazioni disponibili, come ad esempio il caso in cui il trustee comunica la sua decisione di attribuirgli il reddito e/o il capitale del fondo del trust, hanno l’obbligo di indicare nel quadro RW l’ammontare del relativo credito vantato nei confronti del trust, unitamente agli investimenti e alle attività finanziarie detenute all’estero.
Nell’ipotesi di omessa comunicazione di informazioni a lui note al momento della compilazione del Quadro RW e constatate dall’Amministrazione finanziaria nell’esercizio dei propri ordinari poteri di controllo, il beneficiario di trust discrezionale incorrerà nelle sanzioni previste per le violazioni relative all’omessa o infedele compilazione del quadro RW.”

CONCLUSIONI

Con la circolare 34/E l’Agenzia delle Entrate recepisce in toto non solo la consolidata giurisprudenza di legittimità in tema di imposizione indiretta dei Trust, ma anche molti spunti portati alla luce dalla più attenta dottrina e, in generale, dagli operatori.
Come mai prima d’ora l’Italia risulta essere uno stato molto attrattivo per i trust, anche a fronte di una chiarezza finalmente granitica sull’imposizione fiscali e sul monitoraggio conseguenti all’istituzione dello strumento.

Per qualsiasi tipo di informazione in tema di trust e fiscalità dello strumento, lo studio SLCLEX è sempre disponibile a fornire consulenza a privati, trust company e family business all’indirizzo: info@slclex.eu

Criptovalute in Italia: il nuovo obbligo di iscrizione nel registro Oam, tra nuove opportunità e pericolosi rischi

In attuazione del Decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 13 gennaio 2022 (Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 febbraio 2022, n. 40), l’Organismo per la gestione degli elenchi degli Agenti in attività finanziaria e dei Mediatori creditizi (OAM), con propria Circolare n. 41/2022, ha comunicato l’introduzione, a far data dal 16 maggio 2022, della Sezione speciale del Registro dei Cambiavalute; sono tenuti all’iscrizione, i prestatori di servizi concernenti l’utilizzo di valuta virtuale e i prestatori di servizi di portafoglio digitale che operano in Italia.

I soggetti che risultavano già operativi alla data di apertura del Registro, dispongono di 60 giorni di tempo – decorrenti dal 16 maggio 2022 – per comunicare la propria operatività in Italia; qualora tali soggetti rispettino detto termine di comunicazione, gli stessi possono continuare a svolgere la propria attività, senza dover attendere la conclusione dell’istruttoria da parte dell’Organismo; in caso di mancato adempimento, per converso, la prosecuzione dell’attività sarà considerata abusiva.

I soggetti non ancora operativi alla data di apertura del Registro, invece, dovranno previamente comunicare l’intenzione di operare in Italia, attendendo il provvedimento autorizzativo dell’Oam.

I requisiti normativi per l’iscrizione sono indicati dall’art.17-bis, comma 2, del D. Lgs 141/201: per le persone giuridiche, è necessaria la sede legale e amministrativa in Italia, ovvero la stabile organizzazione nel territorio della Repubblica; per le persone fisiche, invece, è necessaria la cittadinanza italiana, ovvero di altro stato appartenente all’Unione Europea, o ancora di stato diverso, a condizione che vi sia il domicilio nel territorio italiano.

Sul sito dell’OAM è stata resa disponibile un’area riservata, attraverso la quale potranno essere compilati, sottoscritti digitalmente ed inviati i documenti necessari per la richiesta di inizio attività.

L’OAM, verificata la regolarità e completezza della comunicazione e della documentazione allegata, entro 15 giorni dalla sua ricezione, dispone ovvero nega l’iscrizione nella Sezione Speciale del Registro. Il termine di 15 giorni può essere sospeso una sola volta, per un periodo non superiore a 10 giorni, qualora l’OAM ritenesse la comunicazione incompleta, ovvero ritenesse necessario integrare la documentazione prevista a corredo della comunicazione

Decorsi detti termini, qualora la documentazione fornita risultasse ancora insufficiente, l’Oam nega l’iscrizione nella Sezione speciale del Registro; tale decisione, peraltro, non osta ad una successiva riproposizione della domanda.

Gli operatori iscritti al Registro dovranno comunicare trimestralmente – per via telematica – i dati relativi alle operazioni effettuate sul territorio della Repubblica italiana. In particolare, i soggetti iscritti nella sezione speciale del Registro devono trasmettere, per ciascun cliente, i relativi dati identificativi e i dati sintetici concernenti le operazioni effettuate.

E’ altresì previsto che l’Oam, a sua volta, possa fornire ogni informazione e documentazione detenuta, a tutti i soggetti istituzionali impegnati nella lotta al riciclaggio, nonchè alla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo.

Si tratta, invero, di una previsione che sembra andare ben oltre la portata della delega che l’aveva introdotta, e che consentirà di raccogliere una notevole mole di dati finanziari dei cittadini, nonché di conservarli per un significativo lasso di tempo.

In questi termini, è evidente la natura ambivalente del nuovo obbligo di iscrizione al registro Oam: da un lato, si tratta di un’opportunità per i crypto providers, i quali, al momento, possono iscriversi a costi contenuti, e senza particolari difficoltà amministrative e burocratiche, beneficiando di un immediato aumento di credibilità presso il pubblico degli investitori; dall’altro lato, l’intervenuta iscrizione potrebbe provocare un aumento del rischio di controlli sugli stessi crypto exchanges e sui loro clienti.

Per queste ragioni, sia la procedura di iscrizione che i successivi obblighi comunicativi, debbono essere gestiti con grande attenzione, facendo in modo che le informazioni fornite all’Autorità non eccedano quanto dalla stessa richiesto.

Coronavirus, infortunio sul lavoro e responsabilità 231 [ENGLISH]

Con l’imminente riapertura di tutte le attività commerciali, si sviluppano nuove tematiche relative al Coronavirus e la responsabilità “231/2001” per le società.

Ex art. 25-septies del D.Lgs. 231/2001 vengono previsti, come reati presupposto per l’applicazione alla società di una responsabilità amministrativa da reato l’omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro.

La società incorrerà in responsabilità quindi, nel caso:

  1. vi è un infortunio sul lavoro (che determina la morte del dipendente o sue lesioni gravi o gravissime con prognosi superiore ai quaranta giorni);
  2. l’infortunio stesso è avvenuto a causa della violazione di norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro. (si tratta di reato colposo, NON NECESSITA DI DOLO);
  3. l’ente ha tratto un vantaggio dalla situazione che si concreta nel risparmio di spesa conseguente alla mancata predisposizione di misure di sicurezza preventive che avrebbero evitato l’incidente sul lavoro.

Il contagio da COVID-19 può essere considerato quindi un infortunio sul lavoro?
Di conseguenza, sono sorte (tra le altre) le seguenti domande.
Cosa succederebbe se un dipendente contrae il corona virus in una particolarmente grave? (ipotesi ricadente nel primo punto sopra elencato).
Cosa succederebbe nel caso il contagio fosse conseguenza diretta della violazione di norme sulla sicurezza per prevenire l’infezione? (ipotesi del secondo punto sopra elencato).
Cosa succederebbe nel caso la società abbia comunque tratto un vantaggio nella commissione del reato? Inteso come guadagno dal non aver adottato le misure di legge in materia di sicurezza? (ipotesi del terzo punto).

Il punto di partenza per un’analisi della disciplina è quello di capire se il contagio da Covid-19 possa essere considerato un infortunio sul lavoro.

A riguardo, per trarre qualche spunto, è probabilmente opportuno fare riferimento ai decreti emergenziali emanati dal Governo.
Il D.L. 17 marzo 2020, all’articolo 42 sembra confermare l’equiparazione all’infortunio sul lavoro.

Anche l’INAIL era intervenuta su tale previsione legislativa, rendendo chiaro che il contagio da COVID-19 può effettivamente essere considerato, ai fini assicurativi, come un infortunio sul lavoro, per il personale sanitario.

Ma ciò è valido anche per figure professionali del settore non sanitario?

A tale quesito è stata data risposta affermativa con nuova circolare INAIL di data 3 aprile 2020. L’ente  ha esposto infatti che “… l’Inail tutela … affezioni morbose, inquadrandole, per l’aspetto assicurativo, nella categoria degli infortuni sul lavoro … In tale ambito delle affezioni morbose, inquadrate come infortuni sul lavoro, sono ricondotti anche i casi di infezione da nuovo coronavirus occorsi a qualsiasi soggetto assicurato dall’Istituto …”operando i seguenti “distinguo”:

  • per gli operatori sanitari nonché per tutte le attività lavorative che comportano un costante contatto con il pubblico/utenza  è stato disposto che ove il contagio “… non possa essere provato dal lavoratore, si può comunque presumere che lo stesso si sia verificato in considerazioni delle mansioni/lavorazioni e di ogni altro indizio che in tal senso deponga …”.
  • per quanto riguarda gli altri assicurati “… ove l’episodio che ha determinato il contagio non sia noto o non possa essere provato dal lavoratore, né si può comunque presumere che il contagio si sia verificato in considerazione delle mansioni/lavorazioni e di ogni altro elemento che in tal senso deponga, l’accertamento medico-legale seguirà l’ordinaria procedura privilegiando essenzialmente i seguenti elementi: epidemiologico, clinico, anamnestico e circostanziale …

L’INAIL ha quindi chiarito, al netto delle disposizioni in tema di ordine della prova,  che va garantita a tutti gli assicurati la possibilità di considerare il contagio da Coronavirus come infortunio sul lavoro.

Ovviamente tutto ciò è valido ai soli aspetti assicurativi ma risulta difficile pensare che tale interpretazione non possa essere estesa anche ad altri ambiti e quindi è in definitiva possibile considerare il contagio da Coronavirus come infortunio sul lavoro, anche per quanto concerne la normativa della responsabilità degli enti.

Si ricorda però che poterlo considerare come infortunio sul lavoro ai fini della normativa 231 non è sufficiente a determinare responsabilità amministrativa dell’ente, poiché è necessario fornire anche prova che il contagio sia addebitabile all’ente a causa di una mancanza di applicazione delle norme in materia di prevenzione.
Inoltre si necessiterebbe altresì di un vantaggio ricavato dall’ente nella disapplicazione di tali norme.
.

Attualmente risulta quindi possibile che la responsabilità delle società “231” possa estendersi anche ai casi di contagio da Covid-19.
Risulta quindi necessaria la massima prudenza possibile per quanto riguarda i propri modelli organizzativi e i protocolli sanitari.

Per maggiori info sul tema, info@slceurope.net

Freezing orders and third-party assets [ENGLISH]

Abstract: Asstes of third parties controlled (de facto or de jure) by the respondent are commonly outside the scope of a freezing injunction unless exceptional circumstances.

In the case of FM Capital Partners Ltd v Frédéric Marino, Aurélien Bessot, Yoshiki Ohmura, and Marit Sjovaag [2018] EWHC 2889 (Comm), the English High Court held that if a company wholly owned or controlled by the respondent is a non-trading company without an active business, and the respondent deals with or disposes of that company’s assets outside the ordinary course of business, that conduct may be enjoined by the terms of a freezing injunction.
In this exceptional circumstances the third party’s assets can be within the scope of the freezing injuction.
In all other circumstances, the proper course of conduct is for an application to be made to join the third party as a respondent to the order itself.

Facts

A Worldwide Freezing Order was granted in July 2018 following the High Court’s judgment against Mr Ohmura (the Respondent) for dishonest assistance in acts of bribery and breaches of fiduciary duty by the First Defendant.
This WFO, prohibited the Respondent from disposing of, diminishing in value, or otherwise dealing with his assets up to a value of US$ 11,250,000.

On 9 October 2018, Peter McDonald Eggars QC had dismissed an application by Mr Ohmura for the discharge of that freezing order.
The claimant in the action also applied for an order for further disclosure in respect of Mr Ohmura’s assets, and also a variation of the freezing order to reduce the values of transactions which required notification.
Mr Ohmura’s application was that the freezing order should not attach to the assets of several companies.

For the most of the assets, Mr Ohmura had 100% direct or indirect shareholding and was a director along with his sister. and he underlined that the companies’ assets belonged to and were in the control of third parties and not his self.
The claimant argued that the companies’ assets were covered by the freezing order indirectly because if a company decreases it assets it reduced the value of Mr Ohmura’s shareholding in that company.

On deciding the point, the judge discussed the cases of Lakatamia Shipping Co Ltd v Su, Group Seven Ltd v Alive Investment Corporation Limited and JSC BTA Bank v Ablyazov. H
e quoted Lord Clarke from the Supreme Court Ablyazov decision:

The extended definition of assets in the standard form of freezing order captured assets which are not owned legally or beneficially by the respondent, but over which the respondent has control and has the power to dispose of or deal with as if he or she did. In other words the extended definition expands the ordinary meaning of assets.”

It was the judge’s view that the extended definition did not apply to assets over which the respondent has control, but which the respondent does not legally or beneficially own.

He therefore found that the freezing order did not apply to the assets of the companies in which Mr Ohmura had a direct or indirect shareholding. Mr Ohmura also argued successfully that other variations should be made to the freezing order, including a curtailment of the clause referring to him having an interest in assets legally, beneficially or otherwise. This is because there was no evidence that Mr Ohmura owned any assets as a trustee nominee or any other basis other than as the legal or beneficial owner.

The judge also gave the claimant some satisfaction. In relation to notification of the sale of assets from the companies owned by Mr Ohmura, the claimant had to be notified of any dealing or disposal of assets.
The claimant sought an order for further disclosure of information relating to:

  • All transfers of more than a specified limit made from Mr Ohmura and two bank accounts belonging to his companies since 2015.
  • Details of the turnover and profit made by the companies.
  • Other information that had been requested in inter partes correspondence.

The judge allowed the order for further disclosure with the following reasons:

  • He had already decided there was a real risk of dissipation of assets.
  • There was an obvious discrepancy between the funds and assets which were at one time held by Mr Ohmura and the assets actually disclosed by him.
  • Mr Ohmura did not originally comply with the disclosure order made in the worldwide freezing order dated September 2018.

Such an order was justified in order to identify not only what assets were held by Mr Ohmura, but what has become of any assets which he may have dissipated.

The disclosure was not burdensome and could be provided without substantial expense.

Conclusions:

This case judgment’s  confirmed that third-party assets will remain outside the scope of such a freezing injunction unless:

  • the respondent can be held to have a legal/beneficial interest in the assets and
  • exceptional circumstances can be established, or
  • the third party in question is named as a co-respondent to the freezing injunction.

For any further information about worldwide freezing order, contact us: info@slceurope.net

Anti-Bartlett clause and liability. [ENGLISH]

In the Zhang and Ji v DBS Trustee case, the Hong Kong Court of Final Appeal (CFA) established that so-called “anti-Bartlett clauses” in the trust deed of a Jersey family trust exempted the trustees from any liability for losses incurred in transactions by the trust’s underlying investment company.

Reversing the decisions of Hong Kong’s Court of Appeal and lower courts, the CFA ruled that the anti-Bartlett clause contained in the trust deed effectively excluded any “high level supervisory duty” with any purported residual obligation on the part of the trustee in relation to the losses caused by risky investment decisions made on behalf of the trust’s underlying investment company unless they became aware of actual dishonesty.

EVENTS:
During the 2008 financial crisis, Madame Ji Zhengrong (an expert in financial investment) and her husband Zhang Hong Li, settled up a trust.
The couple also created an offshore company called Wise Lords.
The Wise Lords company was owned by the trust to make high risk investments during the bubble, prior the 2008 crisis.

When the crash came, the company suffered a large amount of losses.
The spouses (beneficiaries of the trust), together with the succesor trustee and the Wise Lords company itself sued DBS Trustee HK (the former trustee) and its corporate director for breach of trust.

The court of first instance finded that the trustee had been in “serious and flagrant breach” and had breached its “high level of supervisory duty” by allowing the Wise Lord Company to buy financial products with high risk.
This ruling was confirmed by the Hong Kong Court of Appeal, despite the presence of an anti-Bartlett clause, which is normally used to exempt the trustees from any liability.

Reversing the decisions of Hong Kong’s Court of Appeal and lower courts, the CFA unanimously found that the trustees had no ‘high level residual duty’ to supervise the company’s activities, given that the anti-Bartlett provisions relieved them from any duty to interfere with or supervise the company’s conduct, unless they became aware of actual dishonesty.
Furthermore such a duty would require DBS Trustee to query and disapprove of the risky transactions, which would be interfering with Wise Lords’ business, contrary to the terms of the trust deed.

CONCLUSIONS:
This is an important decision (and rare high level decision on this issue) which may reassure private wealth and trusts practitioners of the strength and scope of anti-Bartlett clauses”

The governing law of the trust was Jersey law. The principles will therefore likely be applicable in most of the major common law trust jurisdictions.

In conclusion, it is always recommended to be aware of the presence of Anti Bartlett Clause in trust deeds, in order to not become involved in the underlying business of companies held in the trust save where they detect dishonest activities.