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The English Court of Appeal decides it has the power to order a non-party witness to give evidence in aid of a foreign arbitration [ENGLISH]

On 19 March 2020 the English Court of Appeal determined that English courts do have jurisdiction under s44(2)(a) of the English Arbitration Act (“the Act”) to issue an order compelling a non-party to an arbitration agreement to give evidence in support of arbitration proceedings seated both inside and outside England and Wales, overturning the High Court judgment.

The First Instance Decision

The court acknowledged that the wording of s44 of the Act might suggest that s44(2)(a) could apply to give the court the power to issue an order compelling a non-party to give evidence in support of a foreign seated arbitration.
However, given the decisions in earlier cases on s44, this was not a simple question.

The Commercial Court referred extensively to the decisions in Cruz City Mauritius Holdings v Unitech Limited [2014] EWHC 3704 (Comm) (“Cruz City”) and DTEK Trading SA v Morozov [2017] EWHC 1704 (Comm) (“DTEK”). In light of these authorities, the Court determined that s44(2)(a) was confined to parties to the arbitration agreement.

This, due to the following reasons:

  • s44 was stated to be subject to contrary agreement between the parties;
  • a number of other subsections pointed towards an intra-parties interpretation of s44 as a whole (such as subsections (4), (5), (6), and (7));
  • if Parliament had intended to permit the court to make third party orders in support of arbitrations around the world, it would have expressly said so in the Act; and
  • a difference in treatment between different subsections of s44 was unattractive without a difference in language.

Overruling the First Instance Decision, the Court of Appeal unanimously found that English courts do have jurisdiction under s44(2)(a) to compel a non-party to give evidence in support of an arbitration.

Lord Justice Flaux found that the wording of section 44(1) when read with section 2(3) and the definition of “legal proceedings” in section 82(1) makes it clear that provided the other limitations built into the section are met, the English Court has the same power under s44(2)(a) in relation to arbitrations as it has in relation to civil proceedings before the High Court. There was no justification for limiting the subsection to domestic arbitrations.

Ms Welsh, counsel of the non party, submitted that if the party has the power to make an order agains a non-party under s44(2)(a), it is anormal that there is a limitation in s44(7) on the non-party rights of appeal.
The court found that there was force in Ms Welsh’s submission, however the Court found that the anomaly was not enough to justify the restrictive approach.

This leads to the anomalous situation where the English Court’s powers to order a witness to give evidence in support of arbitration are wider than those in respect of foreing court proceedings where it cannot make a similar order unless there is an inwards letter of request.

This power will be a very important tool for the English Court in order to support domestic and foreign arbitrations.

In conclusion parties should ensure that the scope of their proposed order is narrow, confining the topics on which they seek evidence from a non-party to the issues actually in dispute in the arbitration.

Covid-19 e inadempimento contrattuale. [ITALIAN]

In considerazione dell’evoluzione della pandemia da COVID-19 sul territorio nazionale, sono state, tempo per tempo, adottate da parte del Governo Italiano svariate misure, per far fronte all’emergenza sanitaria grave ed eccezionale (si considerino: D.L.  23/02/2020, n. 6 “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”, D.P.C.M. 25/02/2020 “Ulteriori disposizioni attuative del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”, D.P.C.M. 1/03/2020 “Ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”, ora sostituito dal D.P.C.M. 8/03/2020 (cfr. art. 5 comma 3), D.P.C.M. 4/03/2020 “Misure per il contrasto e il contenimento sull’intero territorio nazionale del diffondersi del virus COVID-19 ”, ora sostituito dal D.P.C.M. 8/03 2020 (cfr. art. 5 comma 3), D.P.C.M. 8/04/2020 “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”, D.P.C.M. 9/03/2020 “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale”, D.P.C.M. 11/03/2020 “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale”, D.L. 17/03/2020 n. 18 (“Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, c.d. Decreto “Cura Italia”), D.P.C.M. 22/03/2020 “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale”, D.M. Sviluppo Economico 25/03/2020 contenente modifiche all’Allegato 1 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 marzo 2020, D.L. 25/03/2020, n. 19 “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19”, D.L. 8/04/2020 n. 23 “Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali.”).

Tali misure hanno introdotto, in via progressiva, limitazioni alla libertà di circolazione di persone e merci, oltre che all’esercizio delle attività produttive, industriali, commerciali e di consulenza. Le predette attività, in grossa parte, sono state del tutto sospese. Come conseguenza di ciò, vi sono imprese che potrebbero non essere più in condizione di adempiere alle obbligazioni contrattuali assunte o, comunque, a farlo secondo le modalità ed i termini indicati in contratto. Parallelamente, coloro che devono ricevere le prestazioni (imprese/persone fisiche) potrebbero non essere più in grado di utilizzarle o potrebbero doverle rifiutare, invocando una sopravvenuta carenza di interesse in ragione della situazione emergenziale in atto.

Ci si pone quindi nella necessità di comprendere quali conseguenze applicative le precitate  restrizioni possano spiegare sui rapporti contrattuali in essere, in particolare sotto il profilo dell’inadempimento contrattuale.
Occorre considerare che, in termini generali, l’inadempimento contrattuale (art. 1218 c.c.) origina dalla totale o parziale inesecuzione della prestazione contrattuale, per causa imputabile al debitore (ovvero della parte contrattuale che quella prestazione doveva porla in essere). All’inadempimento imputabile, segue – salvo quanto in appresso indicato – la responsabilità del debitore.

Il Decreto Cura Italia (Decreto Legge n. 18 del 17 marzo 2020 art. 91) ha chiarito in proposito  che: “il rispetto delle misure di contenimento … è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.  Dalla lettura del riferimento normativo – in questo momento di emergenza e per la durata e proroga dei provvedimenti normativi emanati ed in via di emanazione – discende la non imputabilità dell’inadempimento contrattuale (dovuto a ritardi o omissioni) e, per l’effetto:

  1. Il debitore può, dunque, per espressa previsione di legge, invocare a scusante del proprio inadempimento, il rispetto delle misure di contenimento;
  2. il creditore (ovvero il soggetto che la prestazione doveva riceverla) non può legittimamente far valere penali e/o decadenze.

Inoltre, la situazione emergenziale in essere ed il rispetto dei provvedimenti emanati dal Governo può dare corso:

  • ad ipotesi di impossibilità sopravvenuta della prestazione (la prestazione prima era possibile, poi, in ragione del quadro di emergenza, diventa impossibile – parzialmente o totalmente – perché adempierla vorrebbe dire violare gli ordini o i divieti emanati dall’autorità). In merito, si richiama l’art. 1256 c.c. che disciplina le ipotesi di impossibilità definitiva e temporanea della prestazione. L’obbligazione contrattuale si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile. Se invece l’impossibilità è solo temporanea, il debitore non è responsabile del ritardo nell’adempimento finché essa perdura. Tuttavia l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo della obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla;
  • ad ipotesi in cui la prestazione diventa eccessivamente onerosa (perché: i. si crea uno squilibrio tra le prestazioni contrattuali, tale per cui una diventa troppo gravosa rispetto all’altra squilibrio, e ii. l’eccessiva onerosità sopravvenuta deve essere riconducibile ad eventi straordinari ed imprevedibili). L’art. 1467 c.c., in tema di contratti con prestazioni corrispettive (ovvero in cui entrambe le parti devono eseguire una prestazione l’una verso l’altra), prescrive che se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto. La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto. La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.

In via di derivazione, trattandosi di misure imposte per far fronte ad una epidemia / pandemia, ciò può altresì configurare ipotesi di forza maggiore. Questa fattispecie (la forza maggiore) non ha una precisa normazione codicistica. In altre parole, non vi è una legge italiana che traccia le linee di cosa sia la forza maggiore. La medesima infatti è di matrice internazionale, ove è prassi inserire nella contrattazione clausole che gestiscano la responsabilità da inadempimento, rispetto a guerre, pandemie ed altre ipotesi di eventi catastrofici, imprevedibili e non riconducibili alla volontà dei contraenti. Queste clausole consentono di eliminare ogni forma di responsabilità. La giurisprudenza italiana ne recepisce gli effetti, attraverso il ricorso al disposto di cui all’art. 1467 c.c. (già sopra menzionato). Detta disposizione riconosce al debitore la facoltà di richiedere la risoluzione del contratto nel momento in cui la prestazione da lui dovuta sia diventata eccessivamente onerosa per fatti straordinari ed imprevedibili, estranei alla sua sfera d’azione.

A livello di contrattualistica internazionale, oltre alle già citate clausole di forza maggiore, si rammentano:

  • La Convenzione di Vienna relativa alla vendita internazionale di beni mobili che all’art. 79 recita espressamente così: “Una parte non è responsabile dell’inadempienza di uno qualsiasi dei suoi obblighi se prova che tale inadempienza è dovuta ad un impedimento indipendente dalla sua volontà e che non ci si poteva ragionevolmente attendere che essa lo prendesse in considerazione al momento della conclusione del contratto, che lo prevedesse o lo superasse, o che ne prevedesse o ne superasse le conseguenze”.
  • La clausola standard di forza maggiore utilizzabile dagli operatori nella stipulazione dei contratti, con una dicitura specifica “ICC Force Majeure Clause 2003” redatta dalla Camera di Commercio Internazionale.

Ancora, considerando la rilevanza globale dell’emergenza sanitaria in corso, con circolare del 25 marzo 2020, il Ministero dello Sviluppo Economico ha autorizzato le Camere di Commercio a “rilasciare dichiarazioni in lingua inglese sullo stato di emergenza in Italia conseguente all’epidemia da COVID-19”. Dette attestazioni rispondono alla necessità di  agevolare la prova della forza maggiore nello straordinario contesto emergenziale, mettendo al riparo le imprese inadempienti da responsabilità alle stesse non imputabili.

Conclusioni

In conclusione, nell’affrontare le conseguenze derivanti dall’emergenza, rispetto agli obblighi contrattuali, per un verso, si osserva come il Governo Italiano abbia chiarito che l’osservanza delle restrizioni emanate non dà corso ad inadempimenti contrattuali imputabili (quindi fonti di responsabilità contrattuale).

Per altro verso, si osserva come la pandemia determinata da Covid-19 sia idonea a giustificare ipotesi di inadempimento di obbligazioni contrattuali precedentemente assunte, quando ciò è causa di impossibilità (definitiva o temporanea) dell’esecuzione della prestazione o quando la prestazione di una parte contrattuale diventa eccessivamente onerosa. Va da sé che le conseguenze saranno diverse sia nell’uno che nell’altro caso